venerdì 5 dicembre 2014
lunedì 3 novembre 2014
Cari amici e colleghi, vi invito ad una nuova Presentazione del libro "Patologia della Coppia", che avverrà il 26 novembre ore 18.00 presso la Libreria Feltrinelli di Pescara in via Milano (Ang. via Trento).
Sarà presente l'autrice Virginia Maloni, il relatore Dott. Massimiliano Mascitelli e l'editore Edizioni Psiconline
Articolo Virginia Maloni
Rivista Magazine Iboo
Ottobre-Novembre 2014
"Il linguaggio del corpo fino a che punto ci aiuta"?
Il linguaggio del corpo appartiene alla comunicazione non verbale o
para-verbale,in cui, movimenti, postura, posizione corporea, gestualità, ci
dicono qulche cosa di più sulla persona ed il suo modo di essere,
rappresentando una cornice interpretativa e contestuale importante della
interazione sociale. Osservando le persone nella loro interezza verbale e
para-verbale, comprendiamo maggiormente le loro intenzioni ed i pensieri che le
accompagnano. Infatti la gestalità e l'espressione del viso hanno un'influenza
importantissima nell'inizio di una relazione tra due persone e nel mantenere
una certa complicità anche anche quando il rapporto attraversa momenti di
stanchezza. Anche quando la persona cerca di mantenere il controllo delle
proprie emozioni o intenzioni, è difficile che il corpo menta, poichè i gesti e
il tono della voce non si possono manipolare. Per cui, poca sensibilità o profondità d'animo, si
leggono palesemente sul viso di molte persone. Ovviamente non possiamo fare
inferenze pregiudiziali, ma sicuramente
il linguaggio non verbale ci aiuta molto a valutare meglio una relazione
con una persona o un'intenzione poco chiara del nostro interlocutore, che sia
un amico o un collega di lavoro. Questo aspetto spiegherebbe tante persone che
hanno successo pur non essendo bellissime o persone che riescono ad avere un
forte impatto nella politica o che, partendo dalla stessa preparazione o
competenza, superano positivamente colloqui di
lavoro o, ancora, genitori che
riescono a farsi obbedire dai figli con un solo sguardo. In Psicologia clinica
e forense, è molto importante il linguaggio del corpo, infatti, ad esempio, per
comprendere se un potenziale criminale sta mentendo o meno, in tutto il mondo
si usa la famosa “macchina della verità”, basata sulla conduttività elettrica
della pelle la quale si altera a seconda dell’emozione di quella circostanza.
La prima forma di linguaggio studiata è stata quella della mimica facciale, la
cui pubblicazione più importante risale al 1872 con"The expression of the
emotions in Man and Animals" di Charles Darwin. Dopo di lui, uno degli
studiosi che ha sistematizzato alcune particolarità del linguaggio non verbale
è stato Paul Ekman, che ha dimostrato
che alcune emozioni come la felicità, la tristezza, la rabbia, sono condivise
in modo universale, a prescindere dalla cultura di appartenenza. Secondo Ekman,
ci sono alcuni indicatori per capire le emozioni del volto e captarne la
sincerità espressiva:
1. Asimmetria
(nelle espressioni facciali sono coinvolte asimmetricamente le due metà
del volto, poichè su una metà l'espressione è maggiormente intensa che
nell'altra);
2. Tempo
(le espressioni sincere durano pochi attimi, per cui, se vi è un'espressione
"tirata", che dura più di un secondo, si tratta probabilmente di una
finta emozione, eseguita volontariamente);
3. Collocazione
(nell'interazione linguistica, la mimica accompagna le parole, per cui
se viene posticipata o anticipata, probabilmente non rispecchia la reale
espressione verbale.Per esempio: se un soggetto è arrabbiato e accompagna
l'espressione di rabbia in concomitanza alle parole vuol dire che il soggetto è
veramente inquietato; se i gesti di rabbia, invece, vengono dopo le parole si
denota che probabilmente il soggetto in questione non è così adirato come
vorrebbe far credere). Dunque alcuni gesti sono universalmente riconosciti, ma
alcuni cambiano invece il loro simbolismo e si evolvono: per esempio, il gesto
dell'"OK", sta a significare "tutto bene" in tutti i paesi
di lingua inglese, in Europa e in Asia, ma ci sono alcune zone come il Giappone
dove tale segno vuol dire "soldi". Ogni gesto assume un significato
differente a seconda dell'uso che se ne fa, per cui, va tenuto presente
soprattutto il contesto e la cultura in cui si esplica. Lo sfregare le mani, ad
esempio, può avere un doppio significato. Se avviene in una gelida giornata
significa che quella persona ha freddo; fatto, invece, da una persona mentre
esprime un desiderio piacevole, esprime gioia e benessere contestuale. Infine,
è importante interpretare il linguaggio corporeo a seconda dell'età della
persona che abbiamo di fronte: il gesto fatto da un bambino che dice una bugia,
tendendo a coprire la bocca con le mani è differente dall'adulto che nel fare
la stessa cosa si sfiora il naso. Ognuno di noi, inoltre, tende, in base alle
proprie esperienze conscie ed inconsce, ad associare ai gesti intenzioni che
vengono percepite positivamente o negativamente, o vengono giudicate per
esempio come sinonimo di sensualità: nello specifico, per esempio, le scarpe e
i piedi di una donna sono spesso oggetto di attenzioni maschili. In
particolare, alcuni associano il gesto di togliersi le scarpe al primo gesto
che si fa per spogliarsi. Quindi, quando abbiamo di fronte una persona,
ascoltiamola di più, guardiamola di più e vederemo che la nostra attenzione ci
rivelerà non solo piccoli particolari, ma ci renderà più consapevoli delle
interazioni a cui apparteniamo. Per gli uomini potrebbe risultare più
dispendioso mi rendo conto, ma che ci volete fare le donne si sa, sono
complicate.
P. Ekman, I volti della Menzogna, Giunti-Barbera 1989
D. Cohen, Capire il linguaggio del corpo, Roma 2002
R. Canestrari, Psicologia generale e dello sviluppo volume primo, Clueb
Bologna 1988
"Quelli che il Muretto è un foglio A3"
Articolo Virginia Maloni,
Val Vibrata Life Ottobre 2014.
Quando si parla di ”Arte di strada” ci si riferisce a tutte quelle forme
di comunicazione artistica che si rendono note nei luoghi pubblici, il più
delle volte illecitamente, attraverso vari strumenti e tecniche: adesivi
murali, lattine spray, maschere normografiche, proiezioni video,
sculture ecc.
Ogni artista di strada ha le
proprie motivazioni personali, che possono essere molto varie. Alcuni la eseguono
come forma di ribellione, di disapprovazione o; altri lo fanno unicamente per
esprimere se stessi ed esporre il proprio modo di vivere nella città e nel
proprio territorio ed essere cosi riconosciuti da un vasto numero di persone.
Ma da dove proviene tale
pratica?
Le sue origini sono
spesso legate al degrado urbano ed alla scelta di utilizzare grandi spazi vuoti
da parte di molti artisti.
Il
graffitismo sboccia negli Stati Uniti alla fine degli anni 60, per poi espandersi
nei quartieri più degradati di New York e arrivare in Europa negli anni 70
diventando espressione di un mondo giovanile all’insegna del tribalismo
moderno, della ritualità legata a stili di vita specifici e ai movimenti
giovanili, ma dagli anni 90 assume diverse declinazioni, diventando sempre più
un fenomeno di contestazione politica.
Questo
fenomeno segnala oggi un desiderio di identità? E’ una riflessione rispetto
all’enorme sviluppo che tale manifestazione sta avendo in questo periodo
storico, in cui spesso non riusciamo a definirci in un’identità ben circoscritta
e soprattutto i giovani la vedono sempre più sfumata, con un bisogno importante
di ri-marcarla. Infatti, gli obiettivi dei cosi chiamati writers sono di
raggiungere una certa considerazione non solo all’interno del proprio ambiente
ma far conoscere le proprie opere e la loro firma (tag) a chiunque. Tra gli artisti di strada vigono anche delle
regole, infatti, è fondamentale il rispetto e il non sovrastare il lavoro di un
altro writer. Infatti, quando ciò avviene, possono esserci degli scontri tra di
loro. L’arte
su strada è soprattutto espressione di se stessi, della
propria interiorità. Un’interiorità che non sempre corrisponde ad intenzioni
armoniose per cui ci sono delle differenze in ciò che si vuole esprimere, poiché
c’è chi lo fa per sfregio e quindi come atto di vandalismo e chi invece lo fa
con il proposito di migliorare un paesaggio che si ama e che non si vuole
vedere degradato, inserendo dei colori, anche se questo poi provoca
effettivamente invasioni di edifici pubblici e privati.
Il soggetto, le cui intenzioni sono poco armoniose, agisce
in maniera impulsiva ed è dipendente, in altre parole pur sapendo il rischio a
cui va incontro macchiando i beni della comunità, non può astenersi dall’agire.
Le cause che portano tali soggetti ad intraprendere questo tipo di
comportamenti sono da ricercarsi nella solitudine, noia, senso di vuoto. I dati evidenziano la presenza in tali giovani di uno
spiccato tratto eccitatorio-compulsivo e modalita' legate al bisogno urgente di
gratificazione immediata in opposizione al senso di vuoto, di noia, alla
solitudine, alla mancanza di riferimenti interiori.
Alcuni
esempi di sculture sui muri, le cui intenzioni di chi le ha generate ha
migliorato l’ambiente e la sua percezione, sono invece quei graffiti che hanno
riqualificato aree degradate come il quartiere Isola di Milano, dove un intero tunnel
ospita favolosi esempi di Street Art e Street
Poetry.
Secondo una
visione psicoanalitica, nell’azione creativa dell’artista è coinvolta tutta la
sua personalità, in un processo in cui campo cognitivo e campo affettivo si
fondono dando vita ad una unicità di linguaggio personale che diventa sociale e
condiviso da molti a vari livelli.
Secondo molti i writers imbrattano e non
creano niente di positivo, ma in alcune città, come Torino, esiste la
possibilità di iscriversi ad un progetto molto particolare, ossia avere a
disposizione un muro assegnato dove dare sfogo e libertà alla propria portata
artistica, a patto che si rispetti la correttezza e non si disegnino soggetti
volgari o si facciano scritte offensive.
Come ogni forma d’arte credo che la vera
essenza delle Street Art, debba essere lontana da atti vandalici o
dall’intenzione di sporcare edifici pubblici a scopo denigratorio, quanto invece
di abbellire zone rendendole colorate ed originali soprattutto se questo parte
da una richiesta di un progetto o di proprietari privati o pubblici.
La cultura delle Street Art non riguarda
sporcare in giro le pareti ma colorare artisticamente e dare simbolismo
comunicativo a strutture che altrimenti rappresenterebbero un degrado sociale e
che invece acquistano un significato particolare.
Bibliografia
BORGNA E., Come
se finisse il mondo. Boringhieri. Torino, 1995.
ECO U., I limiti
dell'interpretazione. Bompiani, Milano, 1990.
FORNARI B.,
FORNARI F. Psicoanalisi e ricerca letteraria, Principato, Milano 1997
mercoledì 27 agosto 2014
Val Vibrata Life Edzione Giugno sulla "TANORESSIA", la mania dell'essere abbronzati.
COS’E’ LA TANORESSIA?
Con l’arrivo dell’estate il nostro corpo si
prepara ad accogliere il tanto atteso sole, ci piace andare in spiaggia o in
montagna e abbronzarci, vedere la nostra pelle che cambia, guardarci allo
specchio con un po’ di colore e, ci soddisfa, indossare abiti che danno risalto
alla nostra tintarella. Fin qui tutto nella norma, in quanto, con l’arrivo della
bella stagione, la pelle e i nostri ormoni hanno bisogno di rigenerarsi. In effetti, secondo recenti studi, l'esposizione al sole
sarebbe strettamente collegata alla produzione della serotonina, il cosiddetto
ormone del buonumore. Oggi però, l’abbronzatura può divenire una vera e propria patologia, soprannominata “Tanoressia”. Pare essere questa l’ossessione dell’estate e riguarda principalmente
le donne tra i diciassette ed i quarantacinque anni, secondo le quali una pelle
abbronzata regala un aspetto più sano e seducente.
Cos’è la Tanoressia?
La Tanoressia consiste nell’avere una necessità sproporzionata di
sentirsi e vedersi abbronzati, per cui parliamo di una vera e propria compulsione ad esporsi in maniera eccessiva
al sole, o alla luce artificiale
delle lampade solari, anche senza le dovute protezioni, ignorando le conseguenze nocive
dell’esporsi in maniera ossessiva. La persona vuole essere scura di carnagione
a tutti i costi, e non accetta la propria immagine allo specchio se non ritrova
la stessa abbronzatura. Il non essere bronzei induce poi la persona a sentirsi irrequieta, sfiduciata,
a disagio con se stessa. La tanoressia, quindi, al pari di una dipendenza porta a non vedersi
mai abbronzati “quanto basta”, ad
esporsi in maniera ossessiva alla luce solare senza l’uso di creme protettive,
e ad sperimentare un disagio interiore nel caso in cui non ci si è esposti
abbastanza al sole. La Tanoressia mostra “l’appetito per l’abbronzatura”, un modo di agire che presenta delle
somiglianze con l'anoressia: così come l'anoressico non si vede mai abbastanza
magro, il tanoressico non perviene mai al livello di abbronzatura ambito. Il problema è che chi si vuole abbronzare in maniera
ossessiva e non sana, dimentica le buone norme da seguire per avere
un'abbronzatura bella, duratura, ma soprattutto in salute.
Il tanoressico prova una sensazione di
freschezza e benessere subito dopo l’esposizione al sole o subito dopo aver
fatto una lampada e il confine patologico sta proprio in questa fase e cioè che
tali soggetti non riescono più a farne a meno di questa sensazione e della loro
immagine con la pelle scura. Quello della tanoressia è un circolo vizioso dal
quale è difficile uscire: se il livello del buon umore e dell'autostima sono
strettamente legati all'abbronzatura, appare chiaro che la persona affetta
dalla dipendenza ha bisogno, per uscirne, di un costante supporto psicologico
capace di indirizzare verso una maggiore cura della pelle e della percezione
della propria immagine psicofisica.
Bibliografia di riferimento
American Psychiatric Association (2001). Diagnostic and Statistic Manual of Mental Disorders (4a ed.-revised). Washington, DC: APA.
American Psychiatric Association (2001). Diagnostic and Statistic Manual of Mental Disorders (4a ed.-revised). Washington, DC: APA.
American Psychiatric Association.
DSM-IV-TR. Manuale diagnostico e statistico dei Disturbi Mentali, 4th edizione,
text revision, a cura di Andreoli V, Cassano GB, Rossi R, Masson, Milano 2001.
Fairburn, C.G. (2008). Cognitive
Behaviour Therapy and Eating Disorders. New York: Guilford Press.
Virginia
Maloni, Psicoterapeuta
giovedì 17 aprile 2014
Su Val Vibrata Life, edizione Aprile, articolo mio e di Roberto Di Nicola, sul fenomeno del "Selfie-Hot" in Rete. Buona Lettura.
Siamo in pieno
risveglio primaverile e, finalmente, con le ore di luce che aumentano, si passa
più tempo all’aria aperta con un notevole abbassamento del nostro livello di
stress quotidiano.
Ma…. soprattutto si
attivano i nostri organi di senso, si alzano i valori degli ormoni che regolano
l’umore e la sessualità e aumenta l’attrazione tra uomo e donna. La sessualità,
quale evento psicosomatico, ha risentito, nel corso degli anni, dei vari
mutamenti sociali e culturali che si sono alternati, dei nuovi modelli che
privilegiano l’apparire piuttosto che l’essere, la seduzione piuttosto che il
desiderio. Un argomento che sempre più frequentemente sta ricevendo
l’attenzione dell’opinione pubblica e dei mass-media è quello dell’erotismo
sessuale spopolato online, che ha a che fare con la propria identità di genere
e che è caratterizzato da comportamenti eccitanti sessualmente che lo schermo
del computer, con le sue caratteristiche dell’impersonalità, sembra
intensificare. La ricerca dell’anima
gemella, dell’altra metà della mela è arrivata sul Web già da diverso tempo. E
quando un cuore solitario vuole compagnia, oggi può trovarla con una manciata
di click. E’ l’espediente ideale per un timido, un infedele o anche un pigro.
Possono essere svariate
le tipologie di utenti che si siedono dinanzi al pc, ma sono comuni le
intenzioni: intrecciare relazioni. L’esibizionismo ed il voyerismo sembrano
spiccare maggiormente nella nostra epoca post-moderna intensificandosi sulla
chat, attraverso i cosiddetti “selfie” (fotografia
fatta a se stessi con un telefono e poi condivisa sui social) che
immortalano ciò che si sta facendo in quel preciso istante con le proprie
emozioni, con il desiderio del farsi vedere, dell’esserci in quanto tali. Le location più in voga sono, ad esempio, il
bagno e la camera da letto (situazioni di
intimità), le discoteche ed i monumenti (situazioni di divertimento e possibilità di viaggiare in libertà).
La mania dell’autoscatto richiama l’essere in primo piano, il bisogno di non
essere dimenticati o comunque essere al passo con la vita degli altri, per sentirsi
meno inadeguati. Uno dei selfie che si sta stratificando è il così chiamato “aftersex”
(foto scattate in momento che seguono al rapporto
sessuale). Tale fenomeno accomuna generalmente tutti, ma attenzione a non
trasformarla in “selfite”, ossia il desiderio ossessivo-compulsivo di
realizzare autoscatti per poi condividerli per compensare la mancanza di
autostima e coprire lacune della propria intimità. La perversione in questo
articolo è trattata in un’accezione soft,
come sinonimo di ribaltamento e rivoluzione: la perversione della visibilità,
dell’esserci, del rivedersi, del sentire i commenti altrui che rinforzino il
loro autoscatto ed il loro momento. La perversione è un’organizzazione
psicologica complessa e per come la stiamo descrivendo, si manifesta in una
performance virtuale che mette a riparo dalle paure di fare delle brutte figure
e di confrontarsi con le proprie fragilità e con i giudizi morali che albergano
in noi e non ci rendono liberi. Così dietro un nickname si nasconde un mondo e
l’immagine che forniamo di noi stessi sarà stata utile allo scopo in base a
quanto saremo stati bravi a ‘confezionarla’. Già, perché una delle
caratteristiche fondamentali dell’online
dating, è che si è quello che si sceglie di essere: i più onesti e sicuri
delle proprie qualità offrono un autoritratto realistico e adottano un
linguaggio in linea con la propria personalità ma c’è anche chi costruisce ‘un
personaggio’, un ‘abito virtuale’ che, spesso, ricorda solo vagamente colui che
lo indossa: somiglia di più a chi vorrebbe essere o rappresenta qualcuno che
crede più appetibile per i suoi potenziali interlocutori. A volte si sta così a
proprio agio davanti allo schermo o al display del cellulare, che la chat o il
sito web non sono più mezzi di comunicazione destinati soltanto ad un primo
contatto tra coppie, ma diventano espressione di una realtà parallela che si fa
fatica ad abbandonare. Basta il bip di una notifica per riconnettersi con il
partner e riprendere un interminabile discorso a colpi di faccine, che le
normali attività del quotidiano sembrano interrompere.
La qualità di chi si esibisce è quella di accendere
la tentazione e di creare un bisogno. Lo schermo impersonale del pc, ci
permette di nascondere le nostre debolezze ed i nostri difetti, scegliendo
l’immagine migliore di noi, le foto che danno quell’immagine che noi vorremmo
che passasse, un’ossessione dell’uomo moderno, l’esibizionismo ad ogni costo.
La perversione della visibilità, con la fisicità, con la corporeità delle
immagini, con la centralità che il piccolo schermo dà al corpo, al volto, ai
gesti, alle espressioni permette di sapere di quel personaggio molto di più che
se si fosse letto tutti i suoi libri. La velocità del contatto virtuale
disintegra il desiderio del corteggiare, difende dalla possibilità di fallire,
poiché si sopporta emotivamente di più ricevere un “no visivo” da un “no
virtuale”.
Il confronto vis a vi tra due persone genera più paura
del giudizio, mentre lo schermo azzera la vergogna, dando spazio anche a
fantasie sessuali che ancora rimangono tabù per molti.
La rete del terzo
millennio cambia pelle continuamente, offrendo sempre attraenti possibilità per
i milioni di persone che ogni giorno si affacciano alla finestra (di dialogo)
del loro browser, all’insegna del motto “virtuale è bello”. Succede così che ci
si scambia informazioni, notizie, ricette, si condivide, si posta e si linka…ma quando il mouse diventa arco e
scaglia frecce d’amore colpendo ora questo, ora quel profilo sui siti
d’incontri, siamo sicuri di beccare il bersaglio giusto, pervasi come siamo dal
furore di Cupido?
I nostri bisnonni non
avevano in tasca lo smartphone, ma un oggetto capace ancor di più di evocare la
persona amata: un fazzoletto impregnato del suo profumo che manteneva sempre
viva la connessione e alimentava ancor di più il desiderio di rivedersi,
ricongiungersi con la propria compagna…bei tempi.
E voi da che parte
state? Siete tradizionalisti o moderni? E’ primavera e Cupido è in agguato,
chissà che non scelga proprio voi!
Virginia Maloni
lunedì 7 aprile 2014
Articolo "Metereopatia"
Molto spesso, nel parlare comune, usiamo lamentarci del tempo, ma c’è chi
soffre davvero in maniera disagevole dei cambiamenti del clima sia a livello fisico
sia psicologico. Si chiama meteoropatia
ed indica una serie di disturbi psichici e fisici di tipo neurovegetativo che hanno
luogo in determinate condizioni climatiche stagionali. Ma chi è il
meteoropatico? Una persona affetta da una serie di sintomi e reazioni
patologiche che si manifestano quando c'è una variazione graduale, oppure improvvisa
di uno o più fattori meteorologici su un dato territorio. I cambiamenti
stagionali cui siamo esposti in questo periodo, dalla riduzione delle ore di
luce al calo delle temperature, condizionano la produzione di alcuni ormoni
come la serotonina, la melatonina, le endorfine (che agiscono sul riposo) ed ormoni come l’adrenalina e la
noradrenalina, indispensabili per contrastare lo stress. Questi mutamenti climatici mettono a dura prova il nostro
organismo che si deve ri-adattare spesso in maniera eterogenea e dispendiosa in
termini di energia psicofisica. Ognuno di noi per ritrovare il suo regolare
funzionamento affronta qualche inconveniente ma per alcune persone le alterazioni
climatiche possono essere causa di un vero e proprio malessere: le persone così
definite “metereopatiche” sono in continuo aumento a causa degli sbalzi
climatici e in Italia si stima che una persona su quattro accusi tali problemi.
I sintomi maggiormente rivelati sono: ansia, irrequietezza, sbalzi d’umore, problematicità
cognitive, disturbi del sonno, apatia, stanchezza o debolezza fisica, voglia di rimanere chiusi in casa, dolori muscolari,
difficoltà nel respirare, un senso di peso allo stomaco, mal di testa,
alterazioni dell’appetito e della libido. Questi disturbi possono diventare
anche molto fastidiosi e parzialmente invalidanti, fino a costituire una vera e
propria patologia. I più a rischio sono coloro
che hanno subito traumi a carico dell'apparato muscolo-scheletrico oppure chi
ha una predisposizione alla depressione e all’ansia. Particolarmente
meteoropatici possono essere inoltre i soggetti che soffrono di dipendenze
patologiche (alcool, sostanze stupefacenti, farmaci) e in condizioni di
di-stress o sovraccarico cognitivo già in atto. Generalmente tutto
inizia in concomitanza con un cambio di stagione e frequentemente colpisce le
donne. Di norma, all'incirca 48-24 ore prima
dell'arrivo di una perturbazione, la persona particolarmente sensibile può
avvertire vari sintomi il cui insieme costituisce proprio la sindrome meteoropatica. Questi fastidi durano due giorni al
massimo e il fenomeno è tanto più importante quanti più fattori atmosferici
sono coinvolti nello stesso momento. A seconda delle conseguenze è possibile distinguere varie forme:
1. meteoropatia primaria (sintomi psicosomatici); 2. meteoropatia secondaria (peggioramento
di condizioni fisiche già presenti); 3. seasonal affective disorder (depressione
invernale, peculiare dei paesi del nord). Da uno
studio a livello internazionale è risultato che vivere in ambienti molto
luminosi aiuta a vincere quella parte della depressione che influenza la
meteoropatia e viceversa. Soprattutto a fine inverno, in un ambiente molto
luminoso si soffre meno della cosiddetta depressione primaverile, la SAD,
Seasonal Affettive Depressione cioè del passaggio da una stagione all'altra. Secondo
il Professor Brugnoli, medico esperto in bio-meteorologia, tra i
possibili rimedi vi sarebbe l’esposizione quotidiana alla luce solare per
almeno mezz’ora insieme con un regolare esercizio aerobico che aiutano a
ritrovare il buon umore. Non bisogna poi
trascurare il ruolo dell’alimentazione e di un regolare ciclo sonno-veglia. Evitare
comunque la cura fai da te e nel caso in cui avvertite la vostra spossatezza
come preoccupante non esitate a parlarne con uno specialista, a volte i sintomi
possono essere, infatti, legati ad una problematica psicologica già in atto che
contribuisce alla sindrome metereopatica.
Bibliografia di riferimento
Studio del Prof. Angelico Brugnoli
del Centro di ricerche in Bioclimatologia medica, biotecnologie e medicine
naturali dell'Università degli Studi di Milano (ed.2007)
U. Solimene,
A. Brugnoli. Meteorologia e Climatologia Medica, Tempo,
Clima e
Salute, Media Med Edizioni, 2000
U. Solimene.
E. Minelli. A. Brugnoli. Meteoropatie. RED. 2002.
Virginia
Maloni, Psicoterapeuta
Pubblicato sul Giornale Val Vibrata Life Edizione Marzo 2014
Sant'Egidio alla Vibrata. Si è svolta sabato 5 aprile all'Hotel Concorde di Sant'Egidio alla Vibrata, (ore 10-17) la quinta edizione delle Giornata di Psicologia Vibratiane.
Al centro dell'iniziativa il tema: "Le Radici del Femminicidio". L'ingresso era gratuito ed aperto a tutta la cittadinanza. In occasione è stato presentato il libro della Dott.ssa Virginia Maloni, sulla "Patologia della Coppia. Relazioni e Dintorni", uscito da pochi mesi in cui viene discusso il rapporto patologico che si instaura nella coppia alla luce della violenza di genere.
mercoledì 26 febbraio 2014
mercoledì 29 gennaio 2014
Articolo Gennaio 2014, Rivista "Iboo Magazine".
Virginia Maloni
GLI UOMINI VENGONO AL
MONDO TUTTI INFEDELI?
E’ esclusiva dell’uomo
tradire? O è una leggenda culturale comune?
Il tradimento è un fatto molto
frequente nelle coppie, considerato da sempre un comportamento
intollerabile, ciò nonostante si tratta di un fenomeno molto sparso e
trasversale, che si ritrova in tutte le culture, etnie e ceti sociali,
indipendentemente dal fatto che un essere umano sia legato sentimentalmente con
un patto d'amore ad un altro (unione, convivenza, matrimonio). Che peso ha la genetica
nella predisposizione a tradire? E la storia familiare e individuale? La prima considerazione deve porre
in evidenza la natura umana. Dal punto di vista della attrazione naturale tra i
sessi, l'animale uomo non è monogamo ma poligamo. Siamo attratti da chi ci
piace in maniera particolare, autonomamente da regole e costumi. La
neuropsichiatra dell’Università della California Louann Brizendine nel suo
libro, “Il cervello dei Maschi”,
sostiene che conoscere i geni del proprio partner può aiutare a eludere
delusioni e dispiaceri. Alcuni studi scientifici documentano, infatti, che la
monogamia maschile può essere determinata dai recettori della vasopressina, un
ormone rilasciato durante il rapporto intimo. L’uomo geneticamente fedele sarà
capace di registrare nella mente l’odore e l’immagine della compagna sin dal
primo incontro, altrimenti si comporterà in maniera opposta. E’ davvero cosi?
Secondo lo psichiatra Alberto Caputo, autore di “Schifoso traditore. Come riconoscere le tracce dell’infedeltà”,
l’uomo è, biologicamente parlando, un poligamo seriale, in quanto ambisce a
tante partner per avere maggiori opportunità di procreare. Secondo l’autore,
nell’uomo resta forte questo stimolo biologico, anche se il fine ultimo per cui
si tradisce non è quasi mai la procreazione. Ma le donne, invece, tradiscono?
Secondo una ricerca sarebbe l’ormone sessuale delle donne e cioè l’estradiolo,
a predisporre le donne all’infedeltà e a renderle più attraenti agli occhi
degli uomini. Secondo la psicoterapeuta Sabrina Camplone, i geni che
predispongono all’infedeltà, determinerebbero solo il 50% del nostro
comportamento. L’infedeltà dipende da molteplici elementi, che hanno a che fare
con la propria relazione di coppia, con il modello relazionale dei propri
genitori (o di chi si preso cura di loro), con la nostra esperienza di vita,
fatta di stimoli in continua evoluzione e fatta anche di momenti di noia che
mettono alla prova i nostri sentimenti e le nostre capacità di gestire con
maturità le nuove attrazioni. Si tradisce, infatti, anche per evadere dalla
routine e rivivere con un un’altra persona l’emozione ed il desiderio procurato
dalla curiosità e dalla voglia di scoprire l’altro. Il tipico “incidente di percorso” smaschera il desiderio di cercare altri stimoli fuori
della coppia, a volte continuando la relazione con il partner per anni.
Un’esplicazione molto chiara si evince nel film del 2010 di Silvio Soldini “Cosa voglio di più”, in cui l'
innamoramento «da fuga» (tradire la propria partner) nasce da una profonda
insoddisfazione verso ciò che si sta vivendo, ma non diventa progetto concreto
di vita a due. Da molti sondaggi, infatti,
risulta che gli italiani “stressati dal lavoro, dai figli
e dalla famiglia trovano rifugio nel tradimento”, che viene considerato
quindi come una via d'uscita da tutte le responsabilità, una valvola di sfogo o
un momento di puro piacere senza alcun obbligo.
Esempi concreti li abbiamo anche
nell’era digitale, dove il diffondersi dei siti canalizzati verso l’incontro
online fa emergere come è proprio il
bisogno di emozionarsi ancora che induce le persone a flirtare durante le
conversazioni in chat. Probabilmente il tradimento online è il sintomo di
qualcosa che non funziona all’interno della coppia, sono il segnale chiaro di
qualche incomprensione, di un'insoddisfazione che a volte viene banalizzata e
di conseguenza taciuta. Secondo lo
psicoterapeuta americano Gary Neuman, nel suo libro, “Tuo
marito non vuole che tu legga questo libro. Le ragioni scientifiche del
tradimento” afferma che gli uomini, molto più insicuri di quanto non
facciano credere, quando tradiscono, non cercano solo il sesso
e che le amanti non sono poi tanto
più belle delle mogli. Secondo l’autore gli uomini sentono
il bisogno di essere vincenti, ammirati e apprezzati a casa loro e che questa
sarebbe una motivazione per farli rimanere “buoni” a casa. Gli uomini dunque
non cercherebbero solo avventure sessuali ma gesti e parole di affetto ed
encomio che, se vengono a mancare, creano la situazione giusta. Mi permetto di
aggiungere, che anche le donne amano sentirsi uniche, protette, corteggiate e
rispettate sempre e che anche questo se venisse a mancare potrebbe creare un
desiderio di sedurre una persona che si considera affascinante.
Smentendo le credenze che gli uomini tradiscono per
sesso e le donne per cercare l’amore, anche le donne possono agire sulla spinta
dell’attrazione fisica. La nostra
volontà può disciplinare il comportamento, ma non ha alcun potere nei confronti
della nostra natura, condizionata da millenni di adattamento all'ambiente.
Sentire pulsioni umane non può in nessuna sede essere considerato tradimento,
diversamente sarebbero tutti traditori, animali poligami e non monogami. La
base di un rapporto sincero e leale dal quale può nascere e cresce la famiglia
possiede radici profonde: il vero
tradimento in un rapporto di coppia è rappresentato dall'inganno, dalla
non comunicazione, dalla non curiosità, dal non essere se stessi ed è questo
che ci porta a tradire noi stessi e la persona amata. Ovviamente,
c'è anche chi tradisce perché si innamora di un'altra persona e, in
quest'ultimo caso, la situazione si aggrava ulteriormente. Secondo il
sessuologo Willy Pasini l'unico modo per provare ad evitare il tradimento è la “seduzione intraconiugale”:
bisognerebbe cercare sempre di affascinare il partner, conoscere i suoi punti
deboli, i suoi gusti sensoriali e stimolarli e non lasciarsi andare una volta
conquistato. Ma come
comportarsi dopo che il tradimento si è consumato? Confessare o negare? Senza
dubbio è certamente meglio che il partner non sappia nulla della scappatella…
occhio non vede, cuor non duole….. sarà davvero cosi?
Bibliografia Turnaturi G., Tradimenti, Feltrinelli,
Milano, 2003
Carotenuto A., Amare tradire, Bompiani Editore, 2000.Pasini W., Amori infedeli. Psicologia del tradimento, Mondadori, 2013.Brizendine L., Il cervello dei Maschi, Rizzoli, 2010.Meuman G., Tuo marito non vuole che tu legga questo
libro. Le ragioni scientifiche del tradimento, Rizzoli, 2010.
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giovedì 9 gennaio 2014
VIGORESSIA: QUANDO LO SPORT DIVENTA UN'OSSESSIONE
Quanto
è importante avere un fisico perfettamente scolpito? L'attività fisica
è uno dei cardini importanti per mantenere uno stato di buona salute psicofisica.
Quando questa viene professata in eccesso, può tramutarsi in un'ossessione e danneggiare
la salute.
Oggi
parliamo di un disagio tutto al maschile definito “Vigoressia o Bigoressia”. La Vigoressia si
riferisce ad una condotta estrema di iperinvestimento sul proprio corpo che si contraddistingue
dal “normale” prendersi cura del proprio aspetto e della forma psico-fisica che
all'opposto sono rappresentativi di salute mentale. Gli
individui affetti dal disturbo sono principalmente uomini che, ricercando ossessivamente
un fisico necessariamente muscoloso, dedicano una eccessiva quantità di tempo,
risorse e denaro nella cura del corpo frequentando meticolosamente palestre, centri
fitness, negozi di prodotti alimentari ipocalorici, senza sentirsi mai pienamente
soddisfatti. La Vigoressia può cristallizzarsi in una vera e propria
dipendenza, andando a danneggiare differenti aree di funzionamento del soggetto
come quella fisica, sociale, lavorativa e familiare. La persona si sente sempre
inappagata rispetto al proprio fisico ed è ossessionata dalla paura di restare
priva dei propri muscoli e del proprio stato di perfetta forma. L’esercizio fisico
viene professato in maniera maniacale (culturismo in
particolare), seguendo diete squilibrate sostenute spesso da un uso
scorretto di farmaci, con possibili ragguardevoli ricadute sulla salute
dell’individuo. I principali fattori
psicologici implicati nella Vigoressia sembrano essere la scarsa autostima, il
desiderio di essere accettati e ammirati, l’insicurezza: gonfiando i
propri fisici si ha l’illusione di compensare il proprio senso di
inadeguatezza. Sicuramente non dobbiamo trascurare,
però, l’influenza, sul disturbo, del “modello culturale” poiché oggi
l’esteriorità e la bellezza sono considerati “valori” fondamentali per sentirsi
bene ed essere accettati nella società. Infatti, a tal proposito, la Bigoressia è anche
conosciuta come ‘Complesso di Adone’,
personaggio della mitologia greca e archetipo della bellezza maschile intesa
come perfezione corporea. Quali
fasce d’età colpisce questa disfunzione? Una fascia adolescenziale che va dai 18 ai
25 anni, una fascia che oggi definiremmo di adultescenti e che va dai 25 ai 35
anni ed una fascia di persone più adulte, sopra i 40 anni, che, volendo riconquistare
la propria giovinezza attraverso l’allenamento, si ritrovano coinvolte in
allenamenti sempre più duri e frequenti e a seguire un’alimentazione sempre più
rigida, sino a trovarsi vittime della Bigoressia. La Vigoressia fu identificata
nel 1993 da Pope HG Jr, Katz DL, Hudson JI in un articolo dal titolo "Anorexia nervosa and reverse anorexia".
Il termine ‘reverse anorexia’ fu proposto in considerazione del fatto che, con schemi
comportamentali uguali e contrari all'anoressia, chi soffre di questo disturbo
continua a vedersi asciutto e mingherlino nonostante abbia una muscolatura
fuori dal comune.
L’inserimento diagnostico non è ancora ben determinato: fra la dismorfofobia, i disturbi alimentari non altrimenti specificati (NAS) e il disturbo ossessivo-compulsivo. Può essere d’aiuto un percorso di psicoterapia congiuntamente all'intervento del medico, che prescriverà gli esami da fare e le eventuali terapie maggiormente idonee.
L’inserimento diagnostico non è ancora ben determinato: fra la dismorfofobia, i disturbi alimentari non altrimenti specificati (NAS) e il disturbo ossessivo-compulsivo. Può essere d’aiuto un percorso di psicoterapia congiuntamente all'intervento del medico, che prescriverà gli esami da fare e le eventuali terapie maggiormente idonee.
Bibliografia di riferimento
American Psychiatric Association.
DSM-IV-TR. Manuale diagnostico e statistico dei Disturbi Mentali, 4th edizione,
text revision, a cura di Andreoli V, Cassano GB, Rossi R, Masson, Milano 2001.
Pope HG Jr, Phillips
KA., Olivardia R., The Adonis Complex: The Secret Crisis of Male Body
Obsession, New York, NY; 2000.
Pope HG Jr, Katz DL.,
Bodybuilder's psychosis, Lancet. 1987;
Cella S., Buonaiuto M., Miraglies R., Cotrufo P., La reverse anorexia:
uno studio descrittivo su 50 bodybuilders XIX congresso AIP sezione di
psicologia clinica, Cagliari, 2005.
Edizione Novembre Val Vibrata LifeVirginia
Maloni, Psicoterapeuta
LUDOPATIA: QUANDO IL GIOCO DIVENTA UN BLUFF
ARTICOLO DICEMBRE-GENNAIO VAL VIBRATA LIFE
Il
gioco da sempre svolge una funzione evolutiva importante generando creatività e
svago. Occorre però valutare bene i rischi non visibili, i costi concernenti,
la gestione dei rischi e delle conseguenze deleterie esistenti che si possono
riscontrare. In seguito ad un’analisi specifica
del rischio cui sono esposti i cittadini del nostro territorio, emerge un
numero elevato di sale gioco e gioco online che va di pari passo con lo
sviluppo delle “Ludopatie contemporanee”:
gambling (gioco d’azzardo), giochi a distanza, lotterie istantanee, scommesse e
slot-machine. La ludopatia è un Disturbo del comportamento, “una dipendenza
comportamentale[1]”.
Gli studi scientifici dimostrano, come rispetto alle classiche dipendenze da
sostanza, le ludopatie conoscono oggi una maggiore pervasività, trasversalità
sociale e generazionale, dovuta sia alle caratteristiche situazionali dell’ambiente
di gioco (accessibilità, anonimato, velocità) sia alla natura stessa e alla
modalità dei giochi contemporanei (frequenza, possibilità di ri-giocata rapida,
modalità di pagamento). La Ludopatia diventa un automatismo, dove non
c’è spazio per la creatività ma l’incontro con il disorientamento soggettivo e
la congiuntura della crisi economica. Il
giocatore patologico mostra una crescente dipendenza nei confronti del gioco d'azzardo, aumentando la
frequenza delle giocate, il tempo passato a giocare, la somma spesa nell'apparente
tentativo di recuperare le perdite, investendo più delle proprie possibilità
economiche (facendosi prestare i soldi) e trascurando gli impegni che la vita
gli richiede. Nell’era "multimediale"
la figura del giocatore d’azzardo subisce una "evoluzione": prima era
facilmente individuabile, “segregato” nei luoghi a lui deputati, ora chiunque
sia in possesso di un computer collegato a internet e
di una carta di credito può diventare un
giocatore compulsivo. La
ludopatia può portare a rovesci finanziari, alla compromissione dei rapporti e
al divorzio, alla perdita del lavoro, allo sviluppo di dipendenza da droghe o
da alcol fino al suicidio. Tra i maschi in genere il disturbo inizia negli anni
dell’adolescenza, mentre nelle donne inizia all’età di 20-40 anni. In Italia la
cura del gioco d'azzardo patologico è piuttosto recente. In alcune
regioni i SerT (Servizi
per le dipendenze patologiche delle ASL) hanno istituito specifiche équipe
(composte da medici, psicologi, assistenti sociali, educatori, infermieri) che
si occupano di diagnosi e cura del gioco patologico. Esistono
inoltre associazioni che si occupano di auto mutuo aiuto, ma gli interventi
legislativi in merito sono ancora insufficienti a contenere la proporzione
esorbitante che tale problema sta mostrando e ad attuare buone prassi con
confini ben stabiliti che siano chiari ed accessibili da tutti. Secondo i dati
del Dipartimento Politico delle Dipendenze da droga della Presidenza del
Consiglio, la percentuale di persone tra i 15 e
i 64 anni che ha puntato soldi almeno una volta su uno dei tanti giochi
presenti sul mercato (Lotto, Supernenalotto, Gratta e vinci, scommesse
sportive, poker online) ha subito un aumento significativo, una
diffusione capillare delle slot-machine: nel 2011 rispetto al 2008 i giocatori
patologici sono passati dall’1 al 7%, mentre i giocatori problematici (fase
intermedia) sono passati dal 5 al 18%. In questo periodo c’è una proposta di legge che, tra le varie
clausole, prevede che l’1% delle giocate sia da destinare alla prevenzione e
alla formazione e anche che ci sia un controllo dell’età del giocatore. I dati
emersi mostrano come la Ludopatia interessi la salute pubblica, richiedendo una
prassi consolidata e costante che preveda un buon lavoro di rete tra le
istituzioni sia a livello educativo, sia di prevenzione e cura.
Bibliografia
American
Psychiatric Association. DSM-IV-TR. Manuale
diagnostico e statistico dei Disturbi Mentali, 4th edizione, text revision, a
cura di Andreoli V, Cassano GB, Rossi R, Masson, Milano 2001.
Lavanco G.,
Psicologia del Gioco d’azzardo. Prospettive psicodinamiche e sociali,
McGraw-Hill, Milano 2001.
[1]Il gioco d'azzardo patologico o ludopatia è un disturbo
del comportamento che, stando alla classificazione
del DSM-IV (Manuale Diagnostico e Statistico
dei Disturbi Mentali, IV edizione), rientra nella categoria diagnostica dei Disturbi del controllo degli impulsi. Ha una forte attinenza con la tossicodipendenza, tanto che nel DSM 5 verrà inquadrato
nella categoria delle cosiddette "dipendenze comportamentali".
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