mercoledì 29 gennaio 2014
GLI UOMINI VENGONO AL
MONDO TUTTI INFEDELI?
E’ esclusiva dell’uomo
tradire? O è una leggenda culturale comune?
Il tradimento è un fatto molto
frequente nelle coppie, considerato da sempre un comportamento
intollerabile, ciò nonostante si tratta di un fenomeno molto sparso e
trasversale, che si ritrova in tutte le culture, etnie e ceti sociali,
indipendentemente dal fatto che un essere umano sia legato sentimentalmente con
un patto d'amore ad un altro (unione, convivenza, matrimonio). Che peso ha la genetica
nella predisposizione a tradire? E la storia familiare e individuale? La prima considerazione deve porre
in evidenza la natura umana. Dal punto di vista della attrazione naturale tra i
sessi, l'animale uomo non è monogamo ma poligamo. Siamo attratti da chi ci
piace in maniera particolare, autonomamente da regole e costumi. La
neuropsichiatra dell’Università della California Louann Brizendine nel suo
libro, “Il cervello dei Maschi”,
sostiene che conoscere i geni del proprio partner può aiutare a eludere
delusioni e dispiaceri. Alcuni studi scientifici documentano, infatti, che la
monogamia maschile può essere determinata dai recettori della vasopressina, un
ormone rilasciato durante il rapporto intimo. L’uomo geneticamente fedele sarà
capace di registrare nella mente l’odore e l’immagine della compagna sin dal
primo incontro, altrimenti si comporterà in maniera opposta. E’ davvero cosi?
Secondo lo psichiatra Alberto Caputo, autore di “Schifoso traditore. Come riconoscere le tracce dell’infedeltà”,
l’uomo è, biologicamente parlando, un poligamo seriale, in quanto ambisce a
tante partner per avere maggiori opportunità di procreare. Secondo l’autore,
nell’uomo resta forte questo stimolo biologico, anche se il fine ultimo per cui
si tradisce non è quasi mai la procreazione. Ma le donne, invece, tradiscono?
Secondo una ricerca sarebbe l’ormone sessuale delle donne e cioè l’estradiolo,
a predisporre le donne all’infedeltà e a renderle più attraenti agli occhi
degli uomini. Secondo la psicoterapeuta Sabrina Camplone, i geni che
predispongono all’infedeltà, determinerebbero solo il 50% del nostro
comportamento. L’infedeltà dipende da molteplici elementi, che hanno a che fare
con la propria relazione di coppia, con il modello relazionale dei propri
genitori (o di chi si preso cura di loro), con la nostra esperienza di vita,
fatta di stimoli in continua evoluzione e fatta anche di momenti di noia che
mettono alla prova i nostri sentimenti e le nostre capacità di gestire con
maturità le nuove attrazioni. Si tradisce, infatti, anche per evadere dalla
routine e rivivere con un un’altra persona l’emozione ed il desiderio procurato
dalla curiosità e dalla voglia di scoprire l’altro. Il tipico “incidente di percorso” smaschera il desiderio di cercare altri stimoli fuori
della coppia, a volte continuando la relazione con il partner per anni.
Un’esplicazione molto chiara si evince nel film del 2010 di Silvio Soldini “Cosa voglio di più”, in cui l'
innamoramento «da fuga» (tradire la propria partner) nasce da una profonda
insoddisfazione verso ciò che si sta vivendo, ma non diventa progetto concreto
di vita a due. Da molti sondaggi, infatti,
risulta che gli italiani “stressati dal lavoro, dai figli
e dalla famiglia trovano rifugio nel tradimento”, che viene considerato
quindi come una via d'uscita da tutte le responsabilità, una valvola di sfogo o
un momento di puro piacere senza alcun obbligo.
Bibliografia Turnaturi G., Tradimenti, Feltrinelli,
Milano, 2003
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giovedì 9 gennaio 2014
VIGORESSIA: QUANDO LO SPORT DIVENTA UN'OSSESSIONE
Quanto
è importante avere un fisico perfettamente scolpito? L'attività fisica
è uno dei cardini importanti per mantenere uno stato di buona salute psicofisica.
Quando questa viene professata in eccesso, può tramutarsi in un'ossessione e danneggiare
la salute.
Oggi
parliamo di un disagio tutto al maschile definito “Vigoressia o Bigoressia”. La Vigoressia si
riferisce ad una condotta estrema di iperinvestimento sul proprio corpo che si contraddistingue
dal “normale” prendersi cura del proprio aspetto e della forma psico-fisica che
all'opposto sono rappresentativi di salute mentale. Gli
individui affetti dal disturbo sono principalmente uomini che, ricercando ossessivamente
un fisico necessariamente muscoloso, dedicano una eccessiva quantità di tempo,
risorse e denaro nella cura del corpo frequentando meticolosamente palestre, centri
fitness, negozi di prodotti alimentari ipocalorici, senza sentirsi mai pienamente
soddisfatti. La Vigoressia può cristallizzarsi in una vera e propria
dipendenza, andando a danneggiare differenti aree di funzionamento del soggetto
come quella fisica, sociale, lavorativa e familiare. La persona si sente sempre
inappagata rispetto al proprio fisico ed è ossessionata dalla paura di restare
priva dei propri muscoli e del proprio stato di perfetta forma. L’esercizio fisico
viene professato in maniera maniacale (culturismo in
particolare), seguendo diete squilibrate sostenute spesso da un uso
scorretto di farmaci, con possibili ragguardevoli ricadute sulla salute
dell’individuo. I principali fattori
psicologici implicati nella Vigoressia sembrano essere la scarsa autostima, il
desiderio di essere accettati e ammirati, l’insicurezza: gonfiando i
propri fisici si ha l’illusione di compensare il proprio senso di
inadeguatezza. Sicuramente non dobbiamo trascurare,
però, l’influenza, sul disturbo, del “modello culturale” poiché oggi
l’esteriorità e la bellezza sono considerati “valori” fondamentali per sentirsi
bene ed essere accettati nella società. Infatti, a tal proposito, la Bigoressia è anche
conosciuta come ‘Complesso di Adone’,
personaggio della mitologia greca e archetipo della bellezza maschile intesa
come perfezione corporea. Quali
fasce d’età colpisce questa disfunzione? Una fascia adolescenziale che va dai 18 ai
25 anni, una fascia che oggi definiremmo di adultescenti e che va dai 25 ai 35
anni ed una fascia di persone più adulte, sopra i 40 anni, che, volendo riconquistare
la propria giovinezza attraverso l’allenamento, si ritrovano coinvolte in
allenamenti sempre più duri e frequenti e a seguire un’alimentazione sempre più
rigida, sino a trovarsi vittime della Bigoressia. La Vigoressia fu identificata
nel 1993 da Pope HG Jr, Katz DL, Hudson JI in un articolo dal titolo "Anorexia nervosa and reverse anorexia".
Il termine ‘reverse anorexia’ fu proposto in considerazione del fatto che, con schemi
comportamentali uguali e contrari all'anoressia, chi soffre di questo disturbo
continua a vedersi asciutto e mingherlino nonostante abbia una muscolatura
fuori dal comune.
L’inserimento diagnostico non è ancora ben determinato: fra la dismorfofobia, i disturbi alimentari non altrimenti specificati (NAS) e il disturbo ossessivo-compulsivo. Può essere d’aiuto un percorso di psicoterapia congiuntamente all'intervento del medico, che prescriverà gli esami da fare e le eventuali terapie maggiormente idonee.
L’inserimento diagnostico non è ancora ben determinato: fra la dismorfofobia, i disturbi alimentari non altrimenti specificati (NAS) e il disturbo ossessivo-compulsivo. Può essere d’aiuto un percorso di psicoterapia congiuntamente all'intervento del medico, che prescriverà gli esami da fare e le eventuali terapie maggiormente idonee.
Bibliografia di riferimento
American Psychiatric Association.
DSM-IV-TR. Manuale diagnostico e statistico dei Disturbi Mentali, 4th edizione,
text revision, a cura di Andreoli V, Cassano GB, Rossi R, Masson, Milano 2001.
Pope HG Jr, Phillips
KA., Olivardia R., The Adonis Complex: The Secret Crisis of Male Body
Obsession, New York, NY; 2000.
Pope HG Jr, Katz DL.,
Bodybuilder's psychosis, Lancet. 1987;
Cella S., Buonaiuto M., Miraglies R., Cotrufo P., La reverse anorexia:
uno studio descrittivo su 50 bodybuilders XIX congresso AIP sezione di
psicologia clinica, Cagliari, 2005.
Edizione Novembre Val Vibrata LifeVirginia
Maloni, Psicoterapeuta
LUDOPATIA: QUANDO IL GIOCO DIVENTA UN BLUFF
ARTICOLO DICEMBRE-GENNAIO VAL VIBRATA LIFE
Il
gioco da sempre svolge una funzione evolutiva importante generando creatività e
svago. Occorre però valutare bene i rischi non visibili, i costi concernenti,
la gestione dei rischi e delle conseguenze deleterie esistenti che si possono
riscontrare. In seguito ad un’analisi specifica
del rischio cui sono esposti i cittadini del nostro territorio, emerge un
numero elevato di sale gioco e gioco online che va di pari passo con lo
sviluppo delle “Ludopatie contemporanee”:
gambling (gioco d’azzardo), giochi a distanza, lotterie istantanee, scommesse e
slot-machine. La ludopatia è un Disturbo del comportamento, “una dipendenza
comportamentale[1]”.
Gli studi scientifici dimostrano, come rispetto alle classiche dipendenze da
sostanza, le ludopatie conoscono oggi una maggiore pervasività, trasversalità
sociale e generazionale, dovuta sia alle caratteristiche situazionali dell’ambiente
di gioco (accessibilità, anonimato, velocità) sia alla natura stessa e alla
modalità dei giochi contemporanei (frequenza, possibilità di ri-giocata rapida,
modalità di pagamento). La Ludopatia diventa un automatismo, dove non
c’è spazio per la creatività ma l’incontro con il disorientamento soggettivo e
la congiuntura della crisi economica. Il
giocatore patologico mostra una crescente dipendenza nei confronti del gioco d'azzardo, aumentando la
frequenza delle giocate, il tempo passato a giocare, la somma spesa nell'apparente
tentativo di recuperare le perdite, investendo più delle proprie possibilità
economiche (facendosi prestare i soldi) e trascurando gli impegni che la vita
gli richiede. Nell’era "multimediale"
la figura del giocatore d’azzardo subisce una "evoluzione": prima era
facilmente individuabile, “segregato” nei luoghi a lui deputati, ora chiunque
sia in possesso di un computer collegato a internet e
di una carta di credito può diventare un
giocatore compulsivo. La
ludopatia può portare a rovesci finanziari, alla compromissione dei rapporti e
al divorzio, alla perdita del lavoro, allo sviluppo di dipendenza da droghe o
da alcol fino al suicidio. Tra i maschi in genere il disturbo inizia negli anni
dell’adolescenza, mentre nelle donne inizia all’età di 20-40 anni. In Italia la
cura del gioco d'azzardo patologico è piuttosto recente. In alcune
regioni i SerT (Servizi
per le dipendenze patologiche delle ASL) hanno istituito specifiche équipe
(composte da medici, psicologi, assistenti sociali, educatori, infermieri) che
si occupano di diagnosi e cura del gioco patologico. Esistono
inoltre associazioni che si occupano di auto mutuo aiuto, ma gli interventi
legislativi in merito sono ancora insufficienti a contenere la proporzione
esorbitante che tale problema sta mostrando e ad attuare buone prassi con
confini ben stabiliti che siano chiari ed accessibili da tutti. Secondo i dati
del Dipartimento Politico delle Dipendenze da droga della Presidenza del
Consiglio, la percentuale di persone tra i 15 e
i 64 anni che ha puntato soldi almeno una volta su uno dei tanti giochi
presenti sul mercato (Lotto, Supernenalotto, Gratta e vinci, scommesse
sportive, poker online) ha subito un aumento significativo, una
diffusione capillare delle slot-machine: nel 2011 rispetto al 2008 i giocatori
patologici sono passati dall’1 al 7%, mentre i giocatori problematici (fase
intermedia) sono passati dal 5 al 18%. In questo periodo c’è una proposta di legge che, tra le varie
clausole, prevede che l’1% delle giocate sia da destinare alla prevenzione e
alla formazione e anche che ci sia un controllo dell’età del giocatore. I dati
emersi mostrano come la Ludopatia interessi la salute pubblica, richiedendo una
prassi consolidata e costante che preveda un buon lavoro di rete tra le
istituzioni sia a livello educativo, sia di prevenzione e cura.
Bibliografia
American
Psychiatric Association. DSM-IV-TR. Manuale
diagnostico e statistico dei Disturbi Mentali, 4th edizione, text revision, a
cura di Andreoli V, Cassano GB, Rossi R, Masson, Milano 2001.
Lavanco G.,
Psicologia del Gioco d’azzardo. Prospettive psicodinamiche e sociali,
McGraw-Hill, Milano 2001.
[1]Il gioco d'azzardo patologico o ludopatia è un disturbo
del comportamento che, stando alla classificazione
del DSM-IV (Manuale Diagnostico e Statistico
dei Disturbi Mentali, IV edizione), rientra nella categoria diagnostica dei Disturbi del controllo degli impulsi. Ha una forte attinenza con la tossicodipendenza, tanto che nel DSM 5 verrà inquadrato
nella categoria delle cosiddette "dipendenze comportamentali".
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