QUANDO IL CIBO DIVENTA NEMICO
Il nostro modo di mangiare è, da sempre, un importante intermediario
della nostra relazione con il mondo. Esso, però, non è sempre visto in
un’accezione naturale come elemento fondamentale per la vita, e può diventare
un avversario da combattere. Quando avviene questo? Quando si strutturano i
cosiddetti DCA (Disturbi del Comportamento Alimentare). Oggi parliamo
dell’Anoressia. Quali sono le caratteristiche? Prima fra tutte il rifiuto di
mantenere il peso corporeo al di sopra o al peso minimo normale per età e
statura, mettendo in atto comportamenti che aiutano a perdere peso come l’uso
eccessivo di lassativi e/o diuretici, l’eccessiva attività fisica o il vomito
autoindotto. La persona che ne è colpita ha un’intensa paura di acquistare peso
o di ingrassare, anche quando si è visibilmente sottopeso e si continua a
dimagrire. Vi è, infatti, sempre un’alterazione della percezione corporea: le
ragazze spesso si guardano allo specchio vedendosi deformate e grasse, quando
l’immagine reale è di un corpo in sottopeso e gracile. La persona anoressica
prova oltre a ciò un considerevole disagio quando si trova a dover mangiare in
pubblico o in compagnia di altre persone e tende a mangiare da sola. I fattori
psicologici scatenanti rimandano a contesti familiari vissuti in maniera
conflittuale, bassa autostima
e l’ambizione di riprodurre modelli estetici spinti agli estremi. Generalmente
la persona colpita da anoressia tende a reprimere le proprie emozioni, non si
sente libera di esprimersi con gli altri e nasconde spesso la propria condotta
alimentare temendo il giudizio delle altre persone.
Il soggetto generalmente giunge all’osservazione medica sotto pressione dei familiari quando la perdita di peso si fa evidente. La difficoltà più grande per chi soffre di questi disturbi alimentari è proprio nella presa di coscienza del proprio disagio. L’età di esordio dei sintomi dei disturbi alimentari è l’adolescenza, in casi meno frequenti anche prima dello sviluppo sessuale. Quando si manifesta in età adulta, può capitare in un’epoca della vita che riattiva dei conflitti irrisolti o la necessità di rinvigorire un’immagine di sé “giovanile”. Attualmente i criteri diagnostici maggiormente riconosciuti per la diagnosi dei disturbi del comportamento alimentare, sono quelli riportati nel DSM-IV-TR (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali dell’American Psychiatric Association, 2001) e sono concordi nel ritenere che tali disagi sono determinati da una concomitanza di fattori, che possono interagire variamente e diversamente: fattori predisponenti o di rischio (es. il genere femminile, l’età, essere stati in sovrappeso nell’infanzia e avere fatto diete dimagranti); valori socioculturali peculiari del mondo occidentale come la richiesta di performance eccezionali e l’esaltazione della magrezza; fattori scatenanti o precipitanti possono favorire l’inizio della malattia come separazioni e lutti, alterazioni dell’equilibrio familiare, esperienze sessuali traumatiche, una malattia fisica acuta o un trauma non previsto. L’approccio migliore consigliato per questi disagi è di tipo multidisciplinare ed integrato e vede la collaborazione di molti specialisti (dietologi, endocrinologi, psicoterapeuti) coadiuvati dai medici di famiglia e dalla famiglia stessa.
Il soggetto generalmente giunge all’osservazione medica sotto pressione dei familiari quando la perdita di peso si fa evidente. La difficoltà più grande per chi soffre di questi disturbi alimentari è proprio nella presa di coscienza del proprio disagio. L’età di esordio dei sintomi dei disturbi alimentari è l’adolescenza, in casi meno frequenti anche prima dello sviluppo sessuale. Quando si manifesta in età adulta, può capitare in un’epoca della vita che riattiva dei conflitti irrisolti o la necessità di rinvigorire un’immagine di sé “giovanile”. Attualmente i criteri diagnostici maggiormente riconosciuti per la diagnosi dei disturbi del comportamento alimentare, sono quelli riportati nel DSM-IV-TR (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali dell’American Psychiatric Association, 2001) e sono concordi nel ritenere che tali disagi sono determinati da una concomitanza di fattori, che possono interagire variamente e diversamente: fattori predisponenti o di rischio (es. il genere femminile, l’età, essere stati in sovrappeso nell’infanzia e avere fatto diete dimagranti); valori socioculturali peculiari del mondo occidentale come la richiesta di performance eccezionali e l’esaltazione della magrezza; fattori scatenanti o precipitanti possono favorire l’inizio della malattia come separazioni e lutti, alterazioni dell’equilibrio familiare, esperienze sessuali traumatiche, una malattia fisica acuta o un trauma non previsto. L’approccio migliore consigliato per questi disagi è di tipo multidisciplinare ed integrato e vede la collaborazione di molti specialisti (dietologi, endocrinologi, psicoterapeuti) coadiuvati dai medici di famiglia e dalla famiglia stessa.
Bibliografia di riferimento
American Psychiatric Association (2001). Diagnostic and Statistic Manual of Mental Disorders (4a ed.-revised). Washington, DC: APA.
American Psychiatric Association (2001). Diagnostic and Statistic Manual of Mental Disorders (4a ed.-revised). Washington, DC: APA.
American Psychiatric Association.
DSM-IV-TR. Manuale diagnostico e statistico dei Disturbi Mentali, 4th edizione,
text revision, a cura di Andreoli V, Cassano GB, Rossi R, Masson, Milano 2001.
Dalla Grave, R. (2003). Terapia cognitivo-comportamentale ambulatoriale
dei disturbi dell’alimentazione. Verona: Positive Press.
Fairburn, C.G. (2008). Cognitive
Behaviour Therapy and Eating Disorders. New York: Guilford Press.
Virginia
Maloni, Rivista Val Vibrata Life 2013
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